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Ieri intorno alle 19.30 è il momento di ‘Au plus près du soleil ‘ sul Red Carpet Yves Angelo (regista/director) | Cast: Mathilde Bisson, Frédéric Brillion (produttore/producer). Storia complessa di cui già intuiamo lo svolgimento fin da subito. Il problema della questione ci viene proposto fin dall’inizio e il pubblico sarebbe anche inizialmente curioso di conoscerne gli sviluppi. Due donne a confronto, una con un marito, una con un amante suicidatosi. La moglie Sophie (Sylvie Testud) da buona e accanita magistrata vuole far luce sul caso, convinta che Juliette, la seducente biondona dagli occhi da cerbiatta (Mathilde Bisson), sia una femme fatale in grado di aver indotto all’estremo gesto il proprio partner.

La convinzione diventa accanimento, l’accanimento ben presto gelosia e testardaggine. Ella scopre presto infatti che quella signorina tanto avvenente è proprio la madre del figlio da loro adottato, un neo maggiorenne incredibilmente educato, rispettoso e ignaro di tutto. La verità è però troppo amara da buttar giù, in primis per la moglie, che non si sa per quale motivo preciso non vuole dire la verità al figlio, tanto meno svelargli l’identità della madre (forse perché è troppo “bottana!”). Suo marito (Grégory Gadebois), avvocato al corrente del caso, della situazione e del carattere della moglie, prova a convincerla, ma senza successi. Pertanto senza dare alcuna spiegazione a nessuno, tanto meno all’interessata, comincia ad aiutare finanziariamente la pupona, senza richieste particolari. Nel dubbio, Juliette lo seduce, ma continua a non capire, così come il pubblico.

 

L’allegra e bugiarda famigliola si imbarca quindi in una crociera, tanto per fare un bel regalo al figlio (che simpatici, una vacanza in famiglia come dono dei diciott’anni, per di più in crociera…!), ma ironia della sorte, non si sa come e per quale motivo, a bordo del bastimento c’è anche Juliette, che come tutte le sventole bionde che si rispettino veste un vestito rosso fuoco poco appariscente. Il suo fascino attraente attira logicamente gli occhi del giovane figlio che consuma appieno una parte del complesso edipico: in effetti come può immaginare, non gliel’ha mica detto nessuno che quella è sua madre! E tanto meno lo può sapere lei, anche se alcuni improvvisi sguardi sembrano comunicare il contrario. Allarme incesto, evacuare la nave!

 

Segreti svelati, mogli inferocite e disperate, mariti traditori senza parole, figli ingenui e signorine che cercano un po’ d’amore (sì? no? non si capisce con certezza), tutti sciocchi che alla fine non riescono nemmeno a trovarsi più su una nave dove si incontrano sempre le stesse maledette facce. Sì, tutta qui la storia, piuttosto vuota, poco sviluppata, protratta troppo alla lunga in silenzi senza né arte né parte intervallati da qualche scambio di battute, a volte vuoto, a volte istericamente rapido. Non abbiamo modo di cogliere le ragioni dei personaggi, posto che ce ne siano, o capire cosa pensano mentre fissano l’obiettivo, o quando ci voltano le spalle. Sono personaggi letteralmente sfuggenti, che la macchina a mano cerca di inseguire senza ottenere nulla di interessante, se non una soluzione che già da tempo aleggiava nell’aria.

 

Chissà dove voleva andare a parare, forse proprio da nessuna parte visto che il finale non si discosta molto dalla situazione iniziale, ad eccezione del fatto che il marito è quella di un’altra donna… Danni e fraintendimenti, di solito i francesi sono bravi a gestire con ironia questo tipo di cose, ma evidentemente non è il caso di Angelo. E se il titolo e la trama in generale volevano fare qualche vaghissimo riferimento a miti dell’antica Grecia, mi dispiace, ma il tentativo è riuscito troppo zoppicante e maldestro!

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