Nella seconda serata del CFF Civitanova Film Festival, le cose cominciano a farsi serie. La proiezione dei primi otto, dei ventuno cortometraggi in concorso, hanno catturato l’attenzione del pubblico in sala che ha risposto numeroso al richiamo del Festival. Con grande orgoglio di Michele Fofi e Peppe Barbera, organizzatore e direttore artistico della kermesse, che hanno ringraziato più volte le persone presenti, raccogliendo i complimenti di Daniele Urciolo, presidente del Formia Film Festival, stupitosi della pienezza della sala.

Quando le luci si abbassano, è solo tempo di osservare e lasciarsi trasportare dalle opere in concorso. Di seguito i titoli e le impressioni, a caldo, mie e degli spettatore in sala.  Domani grande ospite Edoardo Winspeare che interverrà dopo la proiezioni di Sangue vivo e La vita in comune, due dei suoi lungometraggi più apprezzati da pubblico e critica.

IL NOSTRO LIMITE di Adriano Morelli – La storia di un amore proibito, indecente. Il racconto di una vita fittizia che possa nascondere la vergogna per non essere riusciti a viverlo. Il pubblico non è ancora caldo e sembra perplesso, forse il regista non è stato capace di creare il giusto trasporto. VOTO: 7

PEGGIE di Rosario Capozzolo – Guardiamo con gli occhi della protagonista prima, poi da spettatori. Una patologia che consuma, toglie il tempo, fa dimenticare il presente e enfatizza il passato. Interessanti le prospettive. Il pubblico è colpito all’inizio, distaccato sul finale. VOTO: 7

MON AMOUR, MON AMI di Adriano Valerio – I protagonisti sono due “diversi”, emarginati dalla società e dal tempo. Si incontrano e si amano, forse. L’esigenza di combattere la solitudine vince su quasi ogni remora. Il documentario è quel genere ancora troppo incompreso, non solo da chi guarda ma anche e soprattutto da chi lo dirige. VOTO: 6

MOBY DICK di Nicola Sarcinelli – Kasia Smutniak, unica protagonista, insieme al mare. L’intensità tocca nel profondo. Gli sguardi dell’attrice e la capacità di dirigere del regista rendono il tutto ancora più suggestivo. La scoperta che in realtà Kasia non è sola rende il tutto ancora più viscerale. Ottimo l’utilizzo delle luci e delle ombre. Il pubblico respira e sorride, forse ha capito. VOTO: 9

BIRTHDAY di Alberto Viavattene – Tra Quentin Tarantino e Nicolas Winding Refn, questo thriller dal sapore horror, sfiora lo splatter e spacca il pubblico. La gioventù, cosa non si farebbe pur di riconquistarla? Toni aspri, scene ambigue e dialoghi quasi assenti, creano un qualcosa di surreale che affascina. VOTO: 8

TABIB di Carlo D’ursi – Senza mezzi termini, la verità nuda e cruda. Il regista sceglie la via più concreta che è quella meno assimilabile. Le inquadrature prese dalle telecamere, le scene ravvicinate, rendono il tutto più vero, più terribilmente vicino. I titoli di coda fanno il resto. La convinzione e che, quel pugno allo stomaco che sento sia lo stesso di chi mi siede accanto e che occupa l’intera sala, che mormora, sgomenta. VOTO: 10

OLVIDATE DE ESO di Manuel Marini – A volte prendere le distanze aiuta a vedere le cose dalla giusta prospettiva; ma quando la distanza diventa eccessiva si rischia di annullare l’effetto empatico del racconto. Una storia di vita, di sopravvivenza, laddove la realtà va oltre l’immaginazione; il gelo della sala però indica che ormai sconvolgere è diventato difficile, quasi impossibile, ma la messa in scena e la fotografia valgono da sole l’intero voto. VOTO: 7

L’AVENIR di Luigi Pane – Parigi, la città e i cittadini sono sconvolti dagli attentati. Due giovani compongono e scompongono il loro futuro. Il perbenismo si mischia all’egoismo e tutto sembra assurdo, quasi irreale. Gli attori non aiutano a coinvolgere lo spettatore che aggrotta la fronte in cerca di una qualche spiegazione. VOTO: 5

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